Revisione del Codice della proprietà industriale; nuove strategie per la PI

Revisione del Codice della Proprietà Industriale; nuove strategie per la PI

La tutela e la valorizzazione della Proprietà Intellettuale ed Industriale rappresenta un’attività quanto mai indispensabile per le imprese impegnate nell’attuale contesto economico; le recenti dinamiche di mercato insegnano infatti come la Proprietà Industriale, oltre a rappresentare il cuore dell’identità produttiva e commerciale dell’impresa, costituisca, ove adeguatamente valorizzata, uno strumento di diretta produzione di reddito d’impresa.

Secondo l’art. 1 del Codice della Proprietà industriale (D.Lgs del 10 febbraio 2005, n. 30), l'espressione “Proprietà Industriale” comprende marchi ed altri segni distintivi, indicazioni geografiche, denominazioni di origine, disegni e modelli, invenzioni, modelli di utilità, topografie dei prodotti a semiconduttori, segreti commerciali e nuove varietà vegetali. I diritti attribuiti dai titoli di proprietà industriale concedono alle imprese un monopolio di sfruttamento e utilizzo delle loro creazioni/invenzioni, vietando a terzi lo sfruttamento non autorizzato Sempre il Codice distingue due categorie di diritti di proprietà industriale: quelli titolati da quelli non titolati: i primi si acquistano mediante brevettazione, registrazione o negli altri modi previsti dallo stesso Codice; i secondi sono invece rappresentati dai segni distintivi diversi dal marchio registrato, dai segreti commerciali, dalle indicazioni geografiche e dalle denominazioni di origine, e sono protetti ricorrendone i presupposti di legge.

Tradizionalmente la valutazione economica di beni immateriali si rende necessaria:

- in generale, nel caso di cessioni o di licenze di brevetti, marchi, copyright, know-how ed altri simili diritti di proprietà industriale ed intellettuale;

- nel caso di operazioni di compravendita di aziende o partecipazioni, oppure nel caso di altre operazioni di gestione straordinaria, quali i conferimenti di azienda o di rami aziendali, le fusioni e le scissioni societarie,

Da alcuni anni il legislatore fiscale ha avviato un programma destinato a far emergere nei bilanci delle imprese i maggiori valori di attività immateriali; sono risultati rivalutabili i diritti giuridicamente tutelati quali, ad esempio, i diritti di brevetto per invenzione o modello, nonchè altri diritti simili iscritti nell'attivo del bilancio ovvero, ancorchè non più iscritti in quanto interamente ammortizzati, che sono ancora tutelati ai sensi delle vigenti disposizioni normative. Gli amministratori e il collegio sindacale devono naturalmente indicare e motivare nelle loro relazioni i criteri seguiti nella rivalutazione delle varie categorie di beni, anche avvalendosi di perizie esterne.

Ma le motivazioni che possono giustificare una valutazione della proprietà intellettuale possono essere anche altre, alle quali meno di frequente si tende a prestare attenzione, ad esempio, al rapporto tra banche e imprese con riferimento al tema dei finanziamenti e quindi della valutazione del rischio. Infatti, nel caso di diritti di proprietà industriale iscritti a bilancio per importi relativamente modesti potrebbe risultare assai opportuno far emergere i maggiori valori economici attribuibili a tali beni al fine di migliorare i livelli di patrimonializzazione dell’impresa, grazie alla costituzione di riserve di rivalutazione. In tal modo – a parità di altre condizioni - ne risentirebbe favorevolmente il rating attribuito dalle banche all’impresa, con benefici economici e finanziari non trascurabili, che si aggiungerebbero agli eventuali benefici fiscali. Inoltre, nel caso di beni immateriali non iscritti a bilancio, una valutazione economica si rende comunque utile per supportare le istruttorie bancarie con informazioni extra-contabili, cui opportunamente dare adeguata informativa nella nota integrativa al bilancio e/o nella relazione sulla gestione, destinate a dare evidenza dell’esistenza di importanti asset aziendali capaci di meglio qualificare e valorizzare le prospettive aziendali.

Spesso a livello di imprese, in particolare di quelle di medie e piccole dimensioni, non si ha la percezione del valore del proprio portafoglio titoli di PI. La sfida è colmare questa lacuna, mettendo in atto uno sforzo per diffondere presso le piccole e medie imprese la cultura della proprietà industriale quale necessario strumento attraverso il quale far crescere la capacità competitiva delle imprese e, dunque, del sistema Paese. È necessario investire per innalzare la consapevolezza degli operatori sul valore di questi particolari beni immateriali e per attuare un vero e proprio “salto culturale”: passare quindi da una logica difensiva, di mera tutela, ad una espansiva, riconoscendo al possesso di titoli di proprietà industriale il valore di un vero e proprio potenziale vantaggio competitivo.

In tale ottica il legislatore si è mosso con il DDL del 6 aprile 2022 che è il primo frutto delle Linee di intervento strategiche sulla proprietà industriale per il triennio 2021-2023, definite dal Ministro dello sviluppo economico, e che si inquadra all’interno dell’intervento strategico in materia di proprietà industriale previsto dal PNRR, nel quale si annovera la “Riforma del sistema della proprietà industriale” all’interno della Missione 1, Componente 2, “Digitalizzazione, innovazione e competitività nel sistema produttivo” (alla cui realizzazione è riservato un finanziamento straordinario di 30 milioni di euro). Il DDL è solo il primo step verso un quadro normative più completo ed esaustivo, e si auspica che il nuovo Parlamento provvederà a integrare il testo della riforma, colmando le numerose lacune ancora presenti.

Da qui l’importanza di trasferire questa valorizzazione anche nelle relazioni commerciali, di partnership e fornitura, che disciplina e regolamenta quotidianamente la crescita delle imprese.